William Holdman Hunt-La dama di Shalott-1886


William Holdman Hunt-La dama di Shalott-1886
I capelli scompigliati sono simbolo di forza come nel caso di Sansone biblico.
il filo è l’intreccio della vita,che si snoda e annoda in un intricato mistero.
sembra di essere dentro un sottomarino,con oblò ,ma l’avventura stà nei capelli
che sembrano immersi nell’acqua ,movimento verso l’alto,a forma di fuoco acceso.
bellissimo–non mi fermo sui particolari sennò finisco domani.
baci.

Serraglio.

L’animale che preferisco è una scimmia la Nasica ,molto conosciuta per il suo naso particolare rosa pendulo,piace molto ai bambini la trovano divertente,sembra un po’ il naso di Pinocchio solo molto di più morbido di quello che noi adulti potremo trovare nel bel serraglio che si è scatenato in politicapredatori e predati,uomini contro uomini,la lega grida al blasfemo per il 17 marzo,ok non vi piace la festa,e non fatela!Noi la facciamo ,quando voi andate a rubare l’acqua del Po che è di tutti non diciamo niente,ve lo lasciamo fare ma mostrate almeno un minimo di generosità,per noi poveri grulli e zitti.Grillo attacca Vendola per l’acqua ,io mi domando ma il nemico chi è?lasinistra avendo completamente perso leader di valore adesso ci propone Rosy Bindi ,per quanto possa io essere di sinistra e non so ancora per quanto,non mi metto a votare una che era democristiana e ex margherita,proprio no,caro serraglio,Lele mora da dei loschi individui ai giornalisti epigrafandoli al suo mestiere il comunista, Il magnaccia.Travaglio scrive Silvio pelvico si è simpatica come idea divertente fa ridere ma fino ad un certo punto dopo il punto che ci resta?ieri sera La Russa sembrava l’imperatore dei garibaldini approdati all’isola dell’italia per la prima volta in vita sua,le anne Oxa sono due lei e la Tatangelo,ripescata ,chissà perchè?se uno è eliminato deve essere ripescato.è un po come fare una gara di corsa ,e all”ultimo giro girano il traguardo e gli ultimi diventano i primi e i primi gli ultimi.strana stà cosa.Di solito nel serraglio ci si mettevano animali da esposizione,tutti in competizione uno con l’altro,tra bellezza e piume zanne da coccodrilli,cioè mangiabili tra di loro,e quindi erano protetti da gabbie.

e per questo che mi piace la Nasica con un salto vi saluto e salto su un ramo,

perchè io ci ho naso.

e prevedo brutti tempi.

(il suo vero nome è anche Harem o meglio detto casino.)

Di Amelie

Battitacchi.

Ecco lo sapevo ,in un paese dove tutti fanno quello che vogliono,ma alcuni di più;essere morbosi diventa normalità,

e ci si impunta ;dai Giudici non ci vado,e perché sarebbe da chiedere? perchè No,come una canzone del Jannacci,abbiamo anche il leone,il suo ruggito non poteva essere che questo;morbosità dell’essere indistruttibile in giudicabile,si potrebbe chiamare perfezione invece credo che sia il suo contrario,lo sapevo che avrebbe avuto questa reazione da genio,sfidare la Costituzione,e le leggi,le persone comuni che vengono processate per molto molto meno.

gli proporrei una prova,visto che batti i piedi,con urletti da vecchio,imbalsamato e noi vorremmo vivere in un paese decente,visto che non ci è rimasta neanche una canzone,da poter cantare,decentemente dove riconoscersi,e i peluche abbondano,la tua televisione è lo specchio di te stesso,la tua veduta,ci rende tristi.

Un paese tristemente triste,voluto da te e dai tuoi zimbelli,potresti provare a resistere 24 ore su questi tacchi?

Non sono i tuoi sono i nostri.

è la nostra fantasia che lo chiede,il made in italy.

Speriamo, ti sfracelli.

Buona fortuna.

(Questo post si potrebbe intitolare Buongiorno tristezza.

sei tu?si sono io.sempre io.)

di Amelie

Charles Baudelaire/Elevazione.

Charles Baudelaire
Elevazione.

Amo il ricordo di quelle epoche nude, le cui statue Febo si compiaceva indorare. Allora uomo e donna, nella loro mobilità, godevano senza menzogna e senza ansia; il cielo amoroso carezzava loro la schiena, ed essi così esercitavano le virtù del loro nobile corpo. Cibele, allora feconda di ricchi prodotti, non trovava che i figli le fossero di peso: lupa dal cuore gonfio di generosa tenerezza, nutriva l’universo con le sue brune mammelle. L’uomo vigoroso, forte, elegante, godeva del diritto d’andar fiero delle beltà che lo proclamavano re: frutti indenni da qualsiasi oltraggio, vergini di fenditure, la loro carne liscia e ferma chiamava i morsi.
Il Poeta oggi, se desidera immaginare quelle native grandezze là dove si mostrano le nudità dell’uomo e della donna, sente calare sulla sua anima un freddo tenebrore dinanzi a un quadro nero, spaventoso. O mostruosità piangenti il proprio abito! tronchi ridicoli, torsi degni di maschere; magri, poveri corpi torti, ventruti e flaccidi, che il dio dell’Utile, implacabilmente sereno, strinse, sin dalla nascita, nelle sue fasce bronzee. E voi donne, pallide ahimè come ceri, che il vizio insieme consuma e nutre, voi vergini, che trascinate l’eredità del peccato materno e tutte le brutture che porta la fecondità.

Noi abbiamo, è vero, noi nazioni corrotte, bellezze ignote a quei popoli antichi: visi smangiati dalle cancrene del cuore, bellezze fiorite dalla spossatezza. Ma queste invenzioni delle nostre ultime muse non impediranno mai alle razze malsane di rendere un omaggio profondo alla giovinezza – alla santa giovinezza, dall’aria semplice, dall’occhio limpido e chiaro come un’acqua corrente, che, incurante come l’azzurro del cielo, come gli uccelli e i fiori, sparge su tutto i suoi profumi, le sue canzoni e il suo dolce calore.

Scendiletto.


Un buon servo è fedele e compiacente fino a quando viene pagato. È feroce perché difende con denti e unghie, senza dignità, le sue tasche. È sporco perché è lo zerbino del padrone, gli pulisce anche la suola delle scarpe.
Il lacchè è sempre stato così, ma oggi lo stereotipo di questo tirapiedi tradizionale è cambiato: è un uomo che è servo di se stesso. Niente di male se nel suo io ci fosse un buon signore, dignitoso e fiero, ma c’è è un mostro affamato che fa impallidire i tiranni. La mattina, dopo una notte di sogni osceni, posa i piedi sullo scendiletto che per lui è diventato il suo decoro. Questi nuovi schiavi sono il paradigma di ciò che la Chiesa, solo alcuni giorni fa, ha definito “disastro antropologico”. Genitori che si fanno lenoni offrendo le loro figlie ai ricchi maniaci sessuali; cinici ottuagenari che comprano corpi di ragazzine da donare al monarca; mai visto un fiorire così fecondo di finti antimoralisti, ipocriti; mai viste tante pugnalate dentro un Palazzo; politici affaristi che mettono all’asta i loro servigi e le loro anime, passando da un giorno all’altro dal bianco al nero e dal nero al bianco in nome del dio denaro (sono persone abiette che non credono a una sola parola di quel che dicono); avvocati e burocrati che guadagnano spropositatamente grazie al clima criminale in cui viviamo oggi la ricchezza può venire solo dal male. È fatta di soldi e di bruttezza, e basta.
Ci chiediamo: tutta questa gente schifosa che padri ha avuto? Da dove sbuca? Eppure gli italiani sono un grande popolo, il cui prestigio si deve a donne e uomini straordinari. Poche nazioni possono vantare, come l’Italia, un passato tanto glorioso e carismatico. Oggi non vediamo nessuna luce. Temiamo che il disastro, non essendo culturale ma antropologico, sia irreversibile.

DI Vincenzo Cerami
5 febbraio 2011
dall’unità

Aiuto.

Noi possiamo amare il genere umano soltanto in determinati individui concreti, ma mediante l’uso del pensiero e dell’immaginazione possiamo renderci pronti ad aiutare coloro che hanno bisogno del nostro aiuto.


Sir Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 – Londra, 17 settembre 1994)

Familiarità (Jorge Luis Borges)

Familiarità (Jorge Luis Borges)

Si apre il cancello del giardino
con la docilità della pagina
che una frequente devozione interroga
e, dentro, gli sguardi
non hanno bisogno di fare caso agli oggetti
che sono già precisamente nella memoria.
Conosco le abitudini e gli animi
e quel dialetto di allusioni
che ogni raggruppamento umano ordisce.
Non ho bisogno di parlare
né di mentire privilegi;
bene mi conoscono coloro che qui mi circondano,
bene sanno le mie angosce e la mia debolezza.
Questo è raggiungere ciò che è più alto,
ciò che forse ci darà il Cielo:
non ammirazione né vittorie
ma semplicemente essere ammessi
come parte di una Realtà innegabile,
come le pietre e gli alberi.

Homo bulla.Jean.Batptiste-Simèon Chardin(1734)

l’espressione latina (l’uomo è come una bolla),che nell’immaginario rappresenta la precarità della condizione mortale;è assimilata a quella di una bolla di sapone,nella maggior casi il protagonista è un adolescente,sia perchè le bolle di sapone sono un divertimento tipicamente infantile sia per sottolineare l’inconsapevolezza dell’uomo nei confronti del carattere effimero della vita.

gradevolissimo dipinto di Jean.Batptiste-Simèon Chardin(1734)

Sono passati i giorni.(Tito Schipa -Jr)1974

A lasciarci dietro la città
per un week-end di libertà
non eravamo solo noi
Ma il ron-ron ipnotico che fa
il mio motore quando va
Forse il sogno d’esser soli al mondo
col crepuscolo per sfondo ci portò
Marco accese un’altra sigaretta
poi il ta-klunk di una cassetta
e quel flauto incominciò
Anna disse in fondo chi lo sa
guardate quelle case là
Forse siamo noi forse son loro
a spostarsi non è chiaro
e s’incantò
Il tuffo del sole affogò le parole
laggiù giù con sé
Il viso di Sandra
si colorò d’ambra
noi in silenzio si guardò
Poi la prima stella che spuntò
verso la sera ci attirò
Ci attirò nella sera
La stradina che deviava ad est
oltre l’asfalto il fumo e il resto
ci raccolse e evaporò
Viaggiavamo sulla giusta via
quella che ognuno pensa è mia
Poi una rete a strascico di stelle
gli eucalipti della valle imprigionò
Resta la mia mano sul volante
il cuore batte poco più distante
è tutto quel che so di me e di quel che ho
La casina bianca si raggiunge
che è già notte da un bel po’
Canta un grillo la liberazione
ma una luce sul balcone dice no
La casa viveva
qualcuno attendeva
qualcuno ma chi?
Pensieri già spenti rinascono attenti
ritorna l’ombra di un perché
Spengo il mio motore
ed anche l’eco di un timore
ora si è spento
Apro la porta ed entro
Sono passati i giorni
Questa è una canzone mai finita
cominciata e poi perduta chissà quanto tempo fa
Restituita da una carta ormai ingiallita
e la grafia è la mia ma ad un’altra età
Forse al tempo in cui la mia poesia
non tradiva una mania d’eternità
Il Tempo che è un prestigiatore d’arte
ha continuato il gioco con le sue tre carte
Prima Adesso e Poi
Ha cristallizzato la sua scia
sui vetri e sulle porte a casa mia
non è così da voi?
E’ così da me da me che scrivo
sempre meno bravo a dire quel che ho
A dire d’un male che amaro risale dal fondo di me
Rileggendo quella strana mia canzone ormai lontana che non mi ricordavo più
Che ci fosse in quella casa io non ricordo ma una cosa so
sono passati i giorni
Son passati i giorni in cui una gita
un tramonto e una nottata in poesia mi torni
Ma in quei trenta versi io ve lo giuro
non so come ero sicuro
Che avrei dato un senso a ogni pensiero
e davvero non ci avrei pensato più

Cari/e il blog è chiuso credo mi prenderò una lunghissima pausa.

Kiss

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